• Austria
  • Germania
  • Svizzera
- 2019 - 99'
Lingua: Inglese, luo, luganda e mandarino - Sottotitoli: Italiani
Anteprima: Italiana

SINOSSI

Mentre il covid-19 metteva il mondo in ginocchio, in Africa la malaria continuava a provocare più vittime di tutte le altre malattie e guerre del nostro pianeta messe insieme. Ma cosa succederebbe se si scoprisse che una semplice pianta è in grado di combattere il paludismo e salvare mille vite al giorno? Una pianta che si può coltivare in giardino, che non costa quasi nulla e può essere a disposizione di chiunque? Non tutti ne sarebbero felici, in particolare le multinazionali farmaceutiche, che temono per i loro profitti. Un’ennesima forma di sfruttamento del continente, a cui si oppongono i tre protagonisti africani del film, convinti che una medicina basata su soluzioni locali potrebbe evitare milioni di morti.

Festival:
  • Diagonale
  • DOK Leipzig
  • One World Prague

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BIOGRAFIA

Katharina Weingartner è una regista e produttrice radiofonica, attualmente residente a Vienna, dopo molti anni passati a New York. Crea film e programmi radio, libri e mostre sulla cultura urbana e la politica, il femminismo, la cultura pop e il consumismo. Tra i suoi ultimi film Sneaker Stories del 2008, sulla cultura del basket di strada e delle scarpe da ginnastica, The Gruen Effect del 2010 sull'architetto che inventò il centro commerciale, e The Fever nel 2019.


DICHIARAZIONE

Durante un viaggio a Saigon ho trovato un passaggio nella guida turistica sull'artemisia annua, una pianta: diceva che si trattava di un rimedio cinese contro la malaria a base di erbe, e che avrebbe potuto essere la ragione per cui il Vietnam aveva vinto la guerra. Se è vero, ho pensato, è un buon soggetto per un film. All'inizio ci interessava soprattutto il rapporto tra medicina tropicale e guerre di conquista coloniali: la colonizzazione dell'Africa sarebbe stata possibile anche senza il più antico farmaco contro la malaria, il chinino? Soldati, missionari e contadini europei morirono in gran numero, mentre gli abitanti locali erano immuni fin dai cinque anni: era come se il parassita fosse un'importante difesa contro gli invasori. Ma vecchi schemi post-coloniali si trovano ancora oggi in molti documentari, in cui l'Africa è usata solo come sfondo. Con un tema complesso come la malaria, la tentazione poteva essere concentrarsi su scandali e interessi globali, ma le persone colpite dalla malaria sarebbero state ancora una volta viste come vittime e statistiche. È assurdo che il 90% del denaro per la ricerca rimanga in Nord America e in Europa, quando il 90% dei casi reali della malattia si trovano nell'Africa sub-sahariana. Le persone colpite non hanno voce, e gli vengono negate le medicine di cui hanno bisogno. Per noi era importante che i nostri protagonisti, che devono vivere tutta la vita con i parassiti della malaria, si presentassero come persone autonome, che intendono e sono in grado di combattere la malattia da soli. Katharina Weingartner

IMMAGINI


PROIEZIONI

marzo, 2024


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