Farming the Revolution
- Nishtha Jain
Nel novembre 2020, Gurbaz Sangha, giovane agricoltore del Punjab, intraprende con il suo trattore un viaggio di centinaia di chilometri fino a Delhi, per unirsi a oltre mezzo milione di uomini e donne provenienti da ogni parte del Paese. Il loro obiettivo è opporsi alle nuove leggi sull’agricoltura del governo di Narendra Modi: i contadini ritengono che, se attuate, avrebbero un impatto estremamente negativo sui mercati agricoli, lasciando gli agricoltori in balia del libero mercato. Le cittadelle dei manifestanti erette intorno a Delhi, in cui le donne emergono come attori politici paritari, ridefiniscono il senso di comunità e solidarietà. Giorno dopo giorno i manifestanti, trascurati dai media tradizionali, hanno mostrato lo spirito pluralistico, di sfida e resistenza di cui è capace il popolo indiano. Man mano che il movimento prendeva slancio, gli agricoltori di tutto il Paese e i sindacati industriali si sono uniti in solidarietà, e la portata delle proteste ha riecheggiato lo spirito del movimento per l’indipendenza dell’India, culminando in un risultato inaspettato e trionfale.
Nishtha Jain è un'importante documentarista indiana, nota per i pluripremiati film The Golden Thread (2022), Gulabi Gang (2012), Lakshmi and Me (2007) e City of Photos (2004), che raccontano e interrogano esperienze vissute alle intersezioni di genere, casta e classe, esplorando il politico nel personale, i meccanismi del privilegio, i movimenti sociali e le vite della classe operaia. I suoi film hanno raccolto il plauso della critica e vinto numerosi premi, partecipando a festival prestigiosi come IDFA, Viennale, Hot Docs, Busan, Slamdance, Full Frame, RIDM e MAMI, e sono stati trasmessi da POV, ARTE France, France Television, DR, NRK, YLE e Al Jazeera. Il suo lavoro è stato sostenuto da Sundance Documentary Fund, IDFA Bertha Fund, Sörfund, Chicken & Egg Pictures, Alter Ciné Foundation, Asian Cinema Fund, India Foundation for the Arts e dai Film Institutes norvegese, danese e finlandese.
Negli ultimi anni il malcontento dell'opinione pubblica indiana è cresciuto a causa della mancata attuazione da parte del governo di molte delle promesse elettorali del 2014, della vendita su larga scala di aziende e beni pubblici a società private, della crescente intolleranza religiosa e del controllo sulle istituzioni destinate a proteggere la democrazia. C'è stato un crescente giro di vite sui diritti umani, minacciando le coraggiose voci dissidenti con la detenzione. Nel 2020, un destino simile attendeva gli agricoltori indiani quando iniziarono la loro agitazione contro le nuove leggi sull'agricoltura. Ma è successo l'impensabile: in modo radicalmente pacifico, nell'arco di un anno, i manifestanti hanno reinventato il significato stesso di potere. Durante tredici mesi io e il mio team siamo stati testimoni dell'eccezionale coraggio degli agricoltori che protestavano. La loro notevole intraprendenza, determinazione, perseveranza, disciplina e pazienza sono state di grande ispirazione. Prendendo esempio dagli straordinari leader del movimento, i protagonisti del film non si sono limitati a sperare o a pregare, o a soppesare dubbiosi le loro possibilità di successo, ma hanno abbracciato la sfida con un atteggiamento totalmente diverso: sono venuti per vincere e lo hanno fatto! Circondati dalle barricate, i contadini hanno creato una zona di libertà all'interno della quale non si applicano le normali leggi dello Stato di polizia, e che è diventata luogo di ottimismo, speranza e azione: uno spazio di solidarietà all'interno di uno Stato autoritario. In questo assembramento senza precedenti di persone di tutte le caste e classi, urbane e rurali, giovani e anziani, con una partecipazione numerosa di donne, abbiamo imparato come le radici della fede e il pensiero rivoluzionario possano coesistere. Nishtha Jain